Storia di Magliano: dalle origini al granducato di Toscana.
Il territorio di Magliano fu abitato già dagli Etruschi, abbiamo importanti tracce rinvenute nelle necropoli e negli antichi centri di Kalousion ed Heba, tra cui ricordiamo il piombo di Magliano su cui è incisa una delle più lunghe iscrizioni in lingua etrusca mai rinvenute. Invece a tutt'oggi è ancora aperto il dibattito sulle presunte origini della Magliano attuale, alcuni sostengono sia di origine etrusca, altri storici affermano che sia stata fondata dai romani. Comunque sia, il paese assunse una certa importanza quando gli Aldobrandeschi di Sovana, intorno all'anno mille, vi fecero costruire la cinta di mura. Sempre nel periodo aldobrandesco (1100, 1200) vennero costruite le chiese di San Martino e di San Bruzio. Circa due secoli più tardi, Magliano passò sotto il dominio di Siena, ed in questo periodo vennero aggiunti alle mura dei possenti torrioni che potrebbero portare la firma del Vecchietta o di un suo allievo ed il lavoro venne affidato a certo Maestro Antonio da Como. Sia le mura che i torrioni sono stati oggetto di un attento restauro ed oggi si possono ammirare in tutta la loro bellezza.
Nel 1555 infine, dopo la caduta di Siena ad opera degli spagnoli, il paese venne ceduto ai Medici e amministrato come un feudo del granducato di Toscana. In seguito alla legge di abolizione dei feudi granducali, la storia del paese andò di pari passo con quella del granducato di Toscana prima e dell'Italia poi.
Nota: Per quanto riguarda l'antica città di Heba, i ritrovamenti archeologici lasciano supporre che si trovasse presso l'attuale località "Le Sassaie" lungo la strada provinciale Sant'Andrea. Non esiste attualmente un sito da visitare, i due ritrovamenti più importanti sono un cippo in travertino del II sec. d.C che si trova nel Palazzo Comunale di Magliano, ed una tavola in bronzo (Tabula Hebana) del 20 d.C. con il testo di una delibera Romana in merito agli onori funebri da tributare a Germanico (nipote dell'imperatore Tiberio); quest'ultima si trova nel Museo Archeologico di Grosseto.